
Nostra Signora del Rosario di Pompei

“La bella immagine venerata a Pompei”: così definisce san Giovanni Paolo II nel 2002, l’immagine della Madonna del Rosario di Pompei nella Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae. La venerata immagine della Madonna di Pompei, raffigurata seduta su di un trono insieme al bambino Gesù che fanno dono del santo rosario a santa Caterina da Siena e a san Domenico di Guzman, si trova attualmente nel santuario maestoso. Questa infatti, inizialmente venne esposta nella piccola chiesetta del SS.Salvatore a partire dal 13 febbraio del 1876 dal quale la Madonna impetrò tante grazie e miracoli. La folla di gente e pellegrini aumentò talmente tanto da dover rendere necessaria la costruzione del santuario ove l’immagine è attualmente venerata. L’ispirazione dell’opera di Pompei giunse al cuore di un laico, il beato Bartolo Longo. La sua storia di conversione ha permesso la diffusione del culto mariano del santo rosario alla fine dell’800 tra il popolo più povero, definendo il rosario come il “vangelo dei poveri”. L’opera di Pompei riecheggia oggi in tutto il mondo: in America, in particolare a New York, Chicago, Providence e Lancaster, infatti negli Stati Uniti si contano 20 chiese dedicate alla Madonna di Pompei. Essa è presente anche in Argentina, Brasile, Venezuela e Uruguay.
La storia del santuario mariano è correlata alla vita del beato fondatore, Bartolo Longo. Egli nacque a Latina (Brindisi) il 10 febbraio 1841 ove trascorse la sua infanzia e adolescenza. Intraprese gli studi superiori in forma priva a Lecce e dopo l’Unità d’Italia, si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Napoli. Venne conquistato dallo spiritismo anticlericale, fino a diventare un celebrante di riti. Ma Dio scrive sulle righe storte, e grazie all’incontro col dotto domenicano padre Radente, l’avvocato spiritista di convertì. Egli infatti riuscì a portare Bartolo nella retta via della fede cattolica conducendolo verso una sensibilità sempre maggiore per le opere di carità e per la preghiera. Dopo la laurea in Diritto avvenuta nel 1864, Bartolo si dedicò alle opere di carità e assistenziali rivolte ai poveri. Decise di rinunciare al matrimonio ricordando le parole del redentorista Emanuele Ribera “Il Signore vuole da te grandi cose, sei destinato a compiere un’alta missione”. Le parole profetiche del sacerdote accompagnarono Bartolo lungo le passeggiate meditative nelle campagne di Pompei nell’anno 1872; giunto infatti nella cittadina come amministratore delle proprietà della Contessa Marianna Farnararo, vedova del Conte Albenzio De Fusco, Bartolo si chiese come avrebbe fatto a salvarsi dopo le terribili esperienze di peccato grave commesse in passato.

Era mezzogiorno e al suono delle campagne seguì una voce “Se propaghi il Rosario sarai salvo”. La risposta arrivò dritta dal cielo! Bartolo capì la sua missione e decise di non lasciare Pompei prima di aver diffuso il culto alla Vergine Madre. Decise di abbandonare la sua professione di avvocato, fece voto di castità e si dedicò all’insegnamento del catechismo tra la gente più semplice. L’amicizia con la contessa De Fusco nel frattempo, durò per tutta la vita: la loro convivenza diede adito a parecchi pettegolezzi, pur avendo il beneplacito dell’arcivescovo di Napoli, il cardinale Sanfelice. Dopo un po’ di tempo i due decisero di sposarsi nell’aprile 1885 non consumando mai il matrimonio, ma vivendo l’agape divino degli eletti.
Nel periodo di stallo a Pompei, Bartolo si dedicò all’istruzione dei contadini e fece restaurare la chiesetta del SS.Salvatore. Su consiglio del vescovo di Nola, Bartolo fece costruire una nuova Chiesa dedicata alla Madonna del Rosario. Da Napoli e via via da tutto il mondo, giunsero numerose offerte per la costruzione della nuova chiesa.
Intanto, un giorno, Bartolo incontrò sulla strada di Via Toledo il suo confessore, Padre Radente, il quale lo invitò ad andare al Convento del Rosario di Portamedina e di chiedere in suo nome a Suor Maria Concetta De Litala, un vecchio dipinto del Rosario che padre Radente gli aveva affidato dieci anni prima. Bartolo seguì il suggerimento e si recò nel convento con grandi aspettative sul quadro. Ma queste furono prese da sgomento:la suora le mostrò una tela corrosa dalle tarme e logorata dal tempo, con pezzi di colore mancanti.
la suora le mostrò una tela corrosa dalle tarme e logorata dal tempo, con pezzi di colore mancanti. La Vergine era raffigurata insieme a Santa Rosa in atteggiamento di dono nel rosario. Bartolo fu tentato di declinare l’offerta e lasciare lì il quadro, ma dopo un attimo di indugio lo ritirò. Il 13 novembre 1875 l’immagine della Madonna giunse a Pompei su di un carretto adibito al trasporto di letame. L’immagine venne portata nella parrocchia del SS.Salvatore e lo sgomento che prese Bartolo inizialmente colpì anche il parroco Cirillo e i fedeli. Furono tutti d’accordo nel non esporre il dipinto se prima non fosse stato restaurato anche solo parzialmente. Il primo restauro venne effettuato da Guglielmo Galella, un pittore rinomato di Pompei. La tela fu esposta nei successivi tre anni, ma un secondo restauro a opera di Federico Maldarelli, trasformò santa Rosa in santa Caterina da Siena. La tela venne sostituita dall’artista napoletano Francesco Chiariello, il quale allungò la tela di un palmo. Il dipinto, dopo una breve sosta nella chiesa parrocchiale, venne posizionata nel santuario in costruzione. L’immagine della Madonna del Rosario venne ben presto ornata di pietre preziose, offerte per le grazie ricevute. Papa Leone XIII nel 1887 benedisse il diadema che cinse la fronde della Madonna. Tra le pietre preziose che formano le aureole sul capo della Vergine e del Bambino divino, si potevano individuare quattro rarissimi smeraldi (dono di due ebrei beneficati), zaffiri e diamanti.

L’ultimo restauro del quadro avvenne nel 1965 a Roma, nell’istituto dei Padre Benedettini. Il restauroaltamente scientifico, portò alla luce i colori originali che svelarono la mano di un valente artista, Luca Giordano (XVII). In quell’occasione l’immagine della Madonna rimase esposta alla venerazione dei fedeli per alcuni giorni nella Basilica si San Pietro, ove Papa Paolo VI la incoronò. In quell’occasione il ritorno dell’Icona a Pompei, avvenne in modo solenne: cortei ecclesiastici e di fedeli devoti attraversarono la città lungo il tragitto Roma-Pompei e lungo la strada i fedeli aumentavano sempre di più. A sera inoltrata il dipinto giunse a Napoli per poi proseguire il suo ritorno a Pompei.
Prima di morire Bartolo Longo scrisse alcune preghiere per la Madonna di Pompei, tra cui la Supplica composta nel 1883. Inizialmente la preghiera fu intitolata “Atto d’amore alla Vergine”, poi venne cambiato in “Supplica alla potente Regina del SS.mo Rosario di
Pompei”. Il testo ha avuto vari ritocchi prima della sua forma attuale. Bartolo definì la Supplica “Ora del Mondo” in ragione del fatto che contemporaneamente in diverse parti della terra, milioni di fedeli si ritrovano per recitarla. La Supplica infatti è stata tradotta in decine di lingue e viene solennemente recitata due volte l’anno: l’otto maggio e la prima domenica di ottobre. L’otto maggio del 1915 la Supplica fa per la prima volta ingresso al Vaticano e quel giorno alle ore 12.00, papa Benedetto XV la recitò nella cappella Paolina.
La morte di Bartolo avvenuta il 5 ottobre 1926, lasciò una città ripopolata, salubre, ruotata attorno al Santuario e alle opere pie ad esse correlate, come il periodico fondato nel 1884 “Il Rosario e la Nuova Pompei” ancora oggi in vita. Tale iniziativa venne fondata da Longo per sfamare gli orfanelli di Pompei e per dare loro un avvenire. Le altre opere annesse al Santuario sono asili, scuole, ospizi per anziani, ospedale, laboratori e la casa del pellegrino. Come chiesto da Bartolo stesso, le sue spoglie riposano nella cripta del santuario con la contessa De Fusco.