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Esame di coscienza

MARIA ORATIO FACTA EST

 

Il parlare di Dio con Dio non è un puro dialogo, tanto meno un monologo, ma un avvenimento operante nell'amore tra Padre, Figlio e Spirito Santo, e da questo avvenimento trinitario si espande ogni volta il cristico, perché la parola di Dio resta nell'incarnazione l'avvenimento originario. La parola di Dio resta azione di Dio dentro la Chiesa, a cui le tre persone divine partecipano in unità. Ed è l'orante che sperimenta questo carattere di azione, nel quale egli incontra la novità di Dio e ha parte ad essa.

 

Se preghiamo in autentico abbandono e nella verità, allora la nostra preghiera sarà già compiuta nell'istante in cui la rivolgiamo, diversamente forse da come ce lo aspettavamo, ma tuttavia realmente.

 

Quando Dio parla, la necessità della replica dell'uomo scompare all'orizzonte; Dio ha la completa conoscenza dell'uomo, perciò la sua parola incontra esattamente il suo bisogno ed è sempre già risposta alla sua domanda, pronunciata o tacita. Un uomo potrebbe pregare nella sensazione di essere schiacciato dal peso del quotidiano, di essere sepolto sotto una caotica montagna di cose..., ma deve sapere che Dio è un nemico del caos, anzi egli fa di ogni caos un mondo e un ordine, un kosmos creativo. Chi nell'uscire dalla preghiera, fosse ancora oppresso e confuso come all'entrarci, non ha pregato veramente. Egli, invece, ha pregato veramente quando è sparito davanti a Dio. Questo è l'agire di Dio.

 

Possiamo pregare semplicemente un Padre nostro, e all'improvviso ci viene in mente che è la preghiera di Cristo, determinata non solo per noi, ma che Lui prega il Padre e lo Spirito, per noi, con noi; che essa rappresenta la chiesa in modo adeguato: Capo e Corpo: il Signore con la sua comunità, a cui egli ha donato la sua parola. Quando diventiamo coscienti di questo ci vediamo al centro di una pienezza celeste-terrena, che si rivela tanto al Padre come a noi in questa preghiera; siamo sollevati in alto sopra la nostra sfera dentro il mondo di Gesù Cristo, mondo che tuttavia non vuole essere separato dal nostro: noi siamo i suoi amici, abbiamo parte alla sua parola come ospiti invitati a un pranzo.

 

Ciò da alla nostra preghiera la sua unità al di là di noi stessi. Preghiamo nella SUA realtà. Sia che preghiamo il tutto rapidamente, sia che per il tempo della preghiera persistiamo su una parola: l'unità sta nella sua parola, che in fin dei conti è lui stesso. Questa unità di parola è Cristo in persona, è la pienezza del padre nostro, ma anche la pienezza dell’eucaristia. Cristo nella sua preghiera al Padre ha inserito tutti noi.

 

Se un uomo, per anni, tutti i giorni, recita una tale serie di preghiere orali, si potrebbe pensare che il contenuto della preghiera non possa che scomparire a poco a poco. Le labbra si muovono, ma si sa ancora che questo è parlare con Dio nello Spirito di Dio?

 

Chi vede davanti a sé il mare della sua infinità, vede allo stesso tempo il quadro mutevole sulla riva: la bassa marea che lascia dietro come un’ossatura, l’alta marea che di nuovo tutto ricopre, di modo che i minuziosi abbozzi della bassa marea sono, poche ore più tardi, a fatica immaginabili: gli scogli visti or ora sono certo là, ma sommersi, riemergono ancora ad un tratto e saranno un’altra volta ricoperti. Certamente il quadro attuale ne ricorda uno visto prima; tuttavia è, per qualche motivo, del tutto diverso. Le ore sono diverse, l’illuminazione cambia, accade sempre qualcosa.

 

Proprio lo stesso può accadere nella preghiera. Una volta le parole del Padre nostro stanno davanti a noi come un paesaggio di bassa marea, ciascuna uno scoglio duramente scalpellato, con un’unica faccia in vista, esattamente come anche la mia situazione ora è nuova e unica. E tuttavia il Padre nostro è sempre lo stesso Padre nostro. Un’altra volta la preghiera viene sommersa da una grazia unitaria, che sgorga da Dio, e più che la singola parola, è il movimento di tutta la preghiera a portare all’evento. Scorre avanti qualcosa che trasborda il significato della singola parola, ma questo è adesso l’essenziale: uno stare nel tutto, una vicinanza sensibile di Dio, un bisogno di adorare proprio ora il Dio trinitario. Si congiungono le mani in un’assimilazione al Figlio, che vuole alzare gli occhi al Padre, si viene trasportati dall’onda dell’alta marea della preghiera. 

 

Per ciascuno il pregare è diverso, diverso oggi e domani per il singolo stesso, un paesaggio continuamente mutevole. E tuttavia tutta la preghiera forma nel suo insieme un’unica realtà, che l’orante ha davanti a sé in un senso indeterminato, una realtà davanti agli occhi di Dio, ed anche raccolta in unità nella preghiera della Chiesa.

 

Quando Maria dice di sì all’angelo, si ha la prima partecipazione a una nuova preghiera. E’ lei che la dice nel fiat, ma d’altra parte è sommersa da essa, come da qualcosa di mai conosciuto, che ora le viene da Dio stesso donato. Il sì di Maria è la prima preghiera cristiana. E’ lei che lo dice, ma Dio completa la sua parola con la sua pienezza divina. La contemplazione di questo breve sì è la contemplazione nello stare-aperti, nel lasciarsi-assumere insieme a preghiera, sentimento, esistenza, nel Figlio che viene, e nella sua missione. Maria dice il suo sì dentro al sì del Figlio al Padre. Chi vuole avvicinarsi alla contemplazione di Maria, noterà anzitutto che elle tiene lo sguardo rivolto via da sé. La vicinanza di Maria a Dio racchiude in sé la presenza del mondo alienato da Dio, e proprio questo racchiudere il mondo nella preghiera, senza voler tirare tra sé e il mondo nessun tipo di confine, caratterizza la preghiera mariana. Allo stesso tempo, col suo sì, Maria trascina dentro il mondo il Dio trinitario.

 

Così ogni preghiera racchiude cose che hanno un nome, cose che io non conosco, ma sono connesse con questo e hanno in Dio solo il loro nome. La fruttuosità dell’orante si estende al conosciuto e allo sconosciuto, ai piani di Dio noti e alle sue decisioni nascoste.

 

(Adrienne von Speyr, “Esperienza di preghiera”)

 

Piccola Nazareth 

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