

1 LUGLIO 2015
Nutrirsi di Cristo
Nel sacrificio offerto a Dio nella celebrazione Eucaristica della Chiesa, Cristo si fa cibo che nutre e bevanda che disseta, o meglio, realizza per me adesso ciò che è sempre stato e ha voluto essere
(Gv 6)nella sua vita donata per amore fino alla morte di croce.
Nel gesto di aprire la bocca per ricevere nella comunione il Corpo di Cristo, si esprime un atteggiamento fondamentale del cristiano, quello di riconoscere che solo da Cristo è la vita. (…)
Non può illudersi di possedere la vita vera chi tenta di strapparla dall’albero che Dio ha posto in mezzo al giardino.
Chi allunga la mano al frutto proibito mangia la sua morte: solo a chi vince, Dio darà da mangiare dell’albero della vita che è nel paradiso di Dio” (Ap 2,7).
La “vita eterna” è soltanto nel Figlio a cui il Padre la comunica e solo da Lui la possiamo ricevere.
Ma il nutrirsi del Corpo e del Sangue di Cristo nell’Eucaristia sovverte la dinamica comune nel processo dell’alimentazione: partecipando al pane e al vino divenuti Corpo e Sangue del Signore, assimilo nel mio organismo le “specie”, ma quanto alla sostanza sono io a essere assimilato a Cristo da Cristo (Leone Magno). Partecipare alla comunione Eucaristica è ricevere Cristo come cibo per crescere in Lui. Come dire che Cristo è insieme il Corpo che ci nutre e il Corpo che ci riceve. Non è tuttavia una trappola che ci viene tesa, come se Cristo fingesse di farsi nostro possesso mentre in realtà sarebbe lui a impossessarsi di noi (…) Cristo si fa mio perché io diventi suo, ma proprio nel diventare “suo” io possiedo veramente me stesso.
Mangiando il Corpo di Cristo non ne divento il proprietario, diventando corpo di Cristo non perdo la mia identità; anzi è solo così che la acquisto veramente, realizzando pienamente me stesso in Lui.
VITTORIO CROCE in "Il Sacramento dell’Alleanza", Elledici 1997, pp. 116-117

2 LUGLIO 2015
Come prepararsi all' Eucarestia e ringraziare
La grazia della preparazione alla Comunione è una grazia di abbandono, non di esame, neppure di preghiera. Queste sono cose buone, senza dubbio; ma la vera preparazione sta nella fiducia in quelle parole:
“Sono io, non temete!” (Mc 6,50).
E questa preparazione onora Dio più di ogni altra cosa.
Forse voi dite: “quando mi comunico sono arido, senza devozione. Non faccio niente”.
Questo accade perché non vi abbandonate alla parola intima che nostro Signore vi fa sentire, non vi mettete a terra ai suoi piedi con l’abbandono della Maddalena che piangeva di gioia anche quando Gesù non rivolgeva parola.
Abbandonatevi dunque all’intimo invito, espressione della dolcezza di Gesù. Non si mangia lavorando: il Pane celeste che state per ricevere è il Verbo, la Parola di vita. Gustatelo in pace e riposo.
Il ringraziamento dev’essere ancora più raccolto della preparazione.
Se vi mettete subito a fare atti su atti, agite come un ragazzo.
Che prima del ringraziamento adoperiate qualche mezzo per tenervi raccolto e nutrire la devozione, sta bene; ma prima pensate che avete in voi un amico, e che la più elementare convenienza vuole che lo ascoltiate. Purtroppo non si fa così, di solito. Si interpreta male il pensiero di nostro Signore, ci immaginiamo che venga a rinfacciarci i nostri torti. No, non è così! Un amico non viene a visitarci per farci dei rimproveri; perlomeno non comincia con essi. Ricordatevi che nostro Signore non fa mai rimproveri nei primi momenti dopo la Comunione….. No, non è questo il carattere di Gesù.
S. PIER GIULIANO EYMARD, La Santa Comunione

3 LUGLIO 2015
La Comunione: innesto nel Divino
La comunione dovrebbe essere il punto della Messa che ci trova più impegnati, perché è il momento di un incontro personale con la persona di Cristo.
In tutti gli altri momenti della liturgia Eucaristica abbiamo, per così dire, tutti i fratelli che operano con noi: in un certo senso ci perdiamo in mezzo a loro, la nostra responsabilità sembra quasi divisa con tutti. Nella comunione non è così.
E’ il momento scioccante dell’"a tu per tu" con Cristo.
Lui che si incontra personalmente con noi, viene a interpellarci, viene a sceglierci, perché ha da dirci qualcosa di individuale, qualcosa “tutta per noi”.
E’ anche il momento in cui mi incontro con Cristo, io solo, aiutato da nessun altro che dalla mia solitudine.
La sua Parola la riceviamo insieme ai fratelli, un sacerdote ce la porge, tutto ci aiuta a riceverla bene.
Nella comunione ci troviamo a tu per tu con Lui, con tutte le nostre debolezze, le nostre dissipazioni, la nostra indegnità.
È un momento drammatico e privilegiato. Guai se non me ne rendo conto. Se il momento della comunione mi coglie impreparato, rovino l’incontro e ne porto tutta la responsabilità. Certo, posso anche riparare a una comunione distratta, ma è penoso come il fare un passo falso, come un’occasione fallita. E ferisce terribilmente l’amicizia con Cristo. È necessario sensibilizzarci alla nostra responsabilità. Quando Cristo si incontrava con una persona, anche una sola volta, la vita di quell’individuo era spesso toccata per sempre. (…) Quante comunioni ho già fatto nel mio passato! Che cosa è cambiato? Nulla? Potrebbe essere questa la tragica realtà.
Una comunione può creare un santo, e in me forse non ha mosso di un millimetro la rotta della mediocrità.
ANDREA GASPARINO in "A cena col Signore: la Comunione", elledici 1993,pp.3-4

4 LUGLIO 2015
Ricevere Gesù ed essere il suo tempio
La nostra più grande consolazione fu di ricevere Gesù stesso nella sua casa e di essere suo tempio vivo nel luogo stesso che Egli aveva onorato della sua presenza.
Secondo un’usanza italiana, il Santo Ciborio si conserva in ogni Chiesa solo su un altare, e solamente là si può ricevere la S. Comunione: quell’altare era nella basilica stessa in cui si trova la Santa Casa racchiusa come un diamante prezioso in uno scrigno di marmo bianco.
Questo non ci rese molto felici: era nel diamante stesso e non nello scrigno da dove noi volevamo fare la comunione… Papà con la sua solita dolcezza, fece come tutti, ma Celina ed io andammo a cercare un sacerdote che ci accompagnava dappertutto e che si preparava proprio a celebrare la Messa nella santa Casa ( di Loreto), per un privilegio speciale.
Chiese due ostie piccole che pose sulla patena con l’Ostia grande e lei comprende, Madre diletta, quale fu la nostra felicità nel fare tutte e due la Santa Comunione in quella casa benedetta! Era una felicità del tutto celeste che le parole sono impotenti ad esprimere. Che sarà dunque quando riceveremo la comunione dell’eterna dimora del Re dei Cieli? … Allora vedremo che la nostra gioia non finirà più, non ci sarà più la tristezza della partenza, e per portar via un ricordo non ci sarà necessario grattare furtivamente i muri santificati dalla presenza Divina, perché la sua casa sarà nostra per l’eternità. Egli non vuole donarci quella della terra, si limita a mostrarcela per farci amare la povertà e la vita nascosta; quella che ci riserva è il suo Palazzo di gloria dove noi Lo vedremo non nascosto sotto l’apparenza di un bambino o di un ostia bianca, ma come Egli è, nella luminosità del suo splendore infinito!!!
S. TERESA DI LISIEUX, Manoscritto A 60r°, in "Opere complete", Vaticana – OCD 1997

5 LUGLIO 2015
Fili telegrafici!
Al celebre biologo Banting fu chiesto una volta perché ci tenesse tanto alla Comunione quotidiana.
“Avete mai pensato – rispose - che avverrebbe se ogni notte non scendesse la rugiada dal cielo? Nessuna pianta potrebbe svilupparsi; le erbe e i fiori non reggerebbero alla traspirazione che il calore diurno provoca in un modo o nell’altro.
Il recupero di forze, il refrigeramento, l’equilibrio degli umori linfatici, e la vita stessa delle piante son dovuti alla rugiada…”.
Fatta una pausa, continuò: “Anche la mia anima è come una piantina: qualcosa di delicato su cui vento e calore imperversano ogni giorno.
Allora è necessario che ogni mattina io vada a fare il mio rifornimento di rugiada spirituale, accostandomi alla s. Comunione”.
Il servo di Dio Andrea Beltrami, giovane salesiano sacerdote, ci ha lasciato una breve pagina del suo diario intimo che è un piccolo programma di vita vissuta in Comunione spirituale ininterrotta con Gesù Eucaristico.
Ecco le sue parole:
“Ovunque mi trovi, penserò sovente a Gesù in Sacramento.
Fisserò il mio pensiero al S. Tabernacolo anche quando mi svegliassi di notte, adorandolo da dove mi trovo, chiamando Gesù in Sacramento, offrendogli l’azione che sto facendo.
Stabilirò un filo telegrafico dallo studio alla Chiesa, un altro dalla camera, un terzo dalla sala mensa; e manderò più sovente che mi sarà possibile dei dispacci d’amore a Gesù in Sacramento”.
Una continua corrente d’amore divino può correre su quei cari….. "fili telegrafici!" Anche per te.

6 LUGLIO 2015
Il primo passo
Ci sono molte cose da fare per mettere ordine alle nostre comunioni. (…)
Il primo passo è sapere se posso o no ricevere l’Eucaristia alla Messa. (…) Prima della comunione occorre dunque porsi davanti all’interrogativo: la mia coscienza mi dice che posso ricevere l’Eucaristia?
Non interessa che altri ci vadano con superficialità e naturalezza: devo rispondere alla mia coscienza se posso o non posso, se mi sento amico o in rottura con Cristo. E la coscienza non è la mia fantasia.
La coscienza dev’essere l’eco del giudizio della Chiesa, della mente della Chiesa. Una colpa grave esige, in via normale, che io mi accosti al Sacramento della Riconciliazione prima dell’Eucaristia, e mi accosti pentito e sincero. (…)
Se dunque la coscienza ben informata (informata cioè alla mente della Chiesa, non alla mia ignoranza religiosa) mi dice che non posso in quella liturgia accostarmi alla Comunione, devo trattenermi. Devo chiudermi in un pensoso silenzio davanti a Cristo, pieno di umiltà, implorando l’aiuto del Signore per uscirne.
Se invece sono tentennate nella mia situazione di coscienza? (…) Normalmente in questo caso posso accostarmi all’Eucaristia, perché nel dubbio la legge non obbliga. In questo caso contano i segni efficienti di buona volontà che trovi in te, i segni di amore autentico a Cristo.
E i segni validi sono: la pena che provi nel sentirti debole, il desiderio forte di staccarti dal male, la volontà ferma di uscire dalle occasioni di male, la volontà di combattere. (…) Fa dunque il tuo incontro con Cristo proprio per avere luce e forza. Luce per capire, e forza per vincere.
Cristo è vicino a chiunque lotta. Chi lotta ama. Chi lotta è amico di Cristo, e Cristo lotta con lui.
ANDREA GASPARINO in cena col Signore: La Comunione, Elledici 1993, pp. 5-6