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1 NOVEMBRE 2015

   << FAR DIRE DELLE MESSE>> PER I DEFUNTI

 

Ogni preghiera autentica è prima di tutto un atto di fede in Dio, Padre buono misericordioso, e in Cristo salvatore. Ogni preghiera per altri è un segno della carità e della comunione che ci lega a coloro per cui preghiamo. Nella Messa la preghiera e le intenzioni di ciascuno vengono unite all’universale intercessione di Gesù che ha dato tutto se stesso per la salvezza di tutti. Il «merito» della nostra preghiera o della nostra partecipazione all’Eucaristia deriva interamente dalla grazia di  Cristo e corrisponde, da parte nostra, all’intensità e alla profondità con cui la nostra vita è trasformata e animata dalla carità di Cristo.

Il ricordo dei nostri morti nella celebrazione eucaristica è da vedersi, ancora una volta, come un atto di fede e di carità. Dio ama certamente più di noi coloro per cui noi preghiamo.

  Per tutti e per ciascuno Cristo è morto in croce. Celebrando l’Eucaristia e pregando per i nostri cari non facciamo altro che lasciarci pervadere anche noi da questa corrente di carità che parte da Dio Padre, che si è manifestata in Cristo, che diventa energia di vita nuova in noi per il dono dello Spirito Santo, e che si comunica dagli uni agli altri – vivi e defunti – nell’unica Chiesa del Signore. Ma << la grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre, la comunione dello Spirito Santo>> non possono mai diventare proprietà privata di nessuno.

    Anche se è giusto e normale che noi ricordiamo davanti al Signore prima di tutto i nostri parenti, amici, benefattori e conoscenti, il sacrificio di Cristo viene offerto sempre per tutta la Chiesa. La grazia di Dio, infatti, al contrario dei soldi, non diminuisce, ma cresce quando più viene comunicata e distribuita.

 

         Domenico Mosso in Il sacrificio gradito a Dio,  Elledici 1981, pp.62-63

2 NOVEMBRE 2015

ESERCITARSI ALLA MORTE PER ESERCITARSI ALLA VITA

 

La celebrazione dell’Eucaristia è un esercitarsi a morire. Essa è una specie di << ars moriendi>>. C’introduce nel mistero della nostra morte. Nella celebrazione della morte e risurrezione noi anticipiamo la nostra morte e in questo modo diciamo si, acconsentiamo al nostro morire. L’approvazione della propria morte è il presupposto di una vita compiuta, gratificante. (…) La paura della morte alla fin fine è sempre il rifiuto della vita. Quando nella celebrazione della morte di Gesù ci esercitiamo alla nostra morte, questo è nel contempo un esercitarci alla vita. (…)

 

   Solo se noi siamo pronti a morire, possiamo gustare la vita, possiamo vivere completamente il momento, l’<<hic et nunc>>. Chi si aggrappa alla vita, si rattrappisce e ha paura di tutto quello che la vita gli può togliere. L’esercitarsi alla morte ci libera da questa paura. Una volta venne chiesto a un vecchio monaco perché non avesse mai paura; egli riteneva dipendesse dal fatto che ogni giorno aveva presente la morte.

 

    Persone che hanno avuto esperienze di cosiddetta morte incombente, non hanno più alcuna paura della morte; e hanno pure la sensazione che ogni istante sia un regalo straordinario, che non vogliono sprecare, vivendo inconsapevolmente. E così proprio l’accettazione della propria morte è una via  a  una vita cosciente e intensa, a una vita senza timore e senza precipitazione, alla gioia per l’attimo, alla sensibilità per il mistero di quest’attimo.

 

 

 

                        Anselm Grum in Eucaristia rito che trasforma, Messaggero 2004  pp.81-82.84

3 NOVEMBRE 2015

ASSIDUI ALLA FRAZIONE DEL PANE

 

A coloro che si cibano di Lui il Signore, in verità, promette la vita eterna. Dice: <<Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno>>… L’Eucaristia è stata istituita proprio per questo, per essere cibo. Gli stessi vantaggi che il cibo apporta all’organismo sono prodotti dall’Eucaristia per l’anima.

Come in una lampada lo stoppino resta acceso per la presenza dell’olio e lo stoppino consuma l’olio così che la lampada si spegne se esso non viene aggiunto; e, d’altra parte, in un certo spazio di tempo, anche aggiungendo  l’olio, lo stoppino si consuma; così è anche per quella lampada che è l’anima. Lo stoppino è la concupiscenza e l’inclinazione al peccato; l’olio è la Grazia divina…

Perciò se ogni giorno non si assume nuovo cibo, cioè se non c’è aumento della grazia, prevale l’inclinazione al male dovuta alla concupiscenza e ben presto la nostra anima muore. L’Eucaristia Santissima, questo nostro cibo, ci fa crescere nella Grazia; ripara i danni che provengono dalla concupiscenza.

E, se continuo è il danno, perché non ci deve essere una riparazione continua? Figli dilettissimi,  per quale ragione pensate che siano nascosti misteri così grandi sotto queste specie visibili del pane e del vino? Per nessun altro motivo se non quello che, come  ogni giorno vengono usati per nutrimento del corpo il pane e il vino, così venga ricevuta quotidianamente la Santissima Eucaristia.

Ma cerchiamo di vedere un altro motivo di tutto ciò, confidando sulla certezza di questa verità: tutte le cose si conservano con quei mezzi e in quei modi con cui si diffondono e crescono. Guardiamo, vi prego, il nascere e il fiorire della chiesa primitiva: come essa si sia diffusa e così rapidamente estesa. Non troveremo certo altra causa se non che i Cristiani di quel tempo erano assidui alla Frazione del Pane (At 2,42)

 

 

                                             s. Carlo Borromeo in Omelia del 12 giugno 1583

4 NOVEMBRE 2015

ESERCITARSI NELLA VITA ETERNA

 

La vita eterna non è in primo luogo la vita dopo la morte, bensì una vita che ha acquistato una nuova qualità, che è diventata eterna, perché è indistruttibile ed elimina, cancella il tempo.

La vita eterna è pura presenza, vita cosciente nell’attimo, vita pervasa da Dio, ricolma d’amore. Per il Vangelo di Giovanni la vita eterna non è semplicemente <<bios>> cioè il tempo della vita, ma <<zoe>>, cioè vitalità, qualità di vita, gioia di vivere, pienezza di vita.

La celebrazione della morte e risurrezione di Gesù vuole esercitarsi in questa pienezza di vita. L’evangelista Giovanni  in tutto il suo Vangelo ha spiegato che cosa significhi vita eterna e come possa essere sperimentata da noi.

 

Anche la morte non può tagliarci fuori dal rapporto con Dio. La voce di colui che si dona a noi nel Suo corpo e nel Suo sangue, pervade ogni pietra, ogni catena e ogni sudario. La parola dell’amore penetra nel nostro sepolcro, nella nostra solitudine, nella nostra tenebra e disperazione.

Vita eterna significa vivere in un continuo rapporto con Dio, essere coinvolti in tutto da Gesù e liberi da ogni vincolo, seguire la via che Dio ci indica.

 

 

 

 

                              Anselm Grun in Eucaristia rito che trasforma, Messaggero 2004,pp.85-86.87

 5 NOVEMBRE 2015

L'EUCARISTIA E' IL SACRAMENTO SALVIFICO DELLA MORTE

 

La novità assoluta è che per Gesù la vita non è annientata nella morte, ma addirittura si serve di essa. L’Eucaristia ci fa incontrare questa assoluta novità.

 

   L’uomo, anche l’uomo contemporaneo, resta sempre sprovveduto e sprovvisto nella profondità del suo spirito di fronte alla morte che lo corrode dal di dentro. Il problema non è riparare le brecce successive inferte a una vita che comunque sempre viene meno, ma capire il misterioso e potente parallelismo della dichiarazione di Gesù: << Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me, anche se muore vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno>> (Gv 11,25-26).

 

   Tutto dipende dall’incrollabile <<Io sono>>: Gesù è qui, adesso! Il Signore non solo rivela ma dà la vita indistruttibile. (…)

Essa rinnova, operando una vera e propria trasformazione dalle radici, come avviene per il pane e il vino consacrati. L’Eucaristia non impedisce la morte, ma è il sacramento salvifico della morte: <<Chi mangia questo pane vivrà in eterno>> (Gv 6,58).

 

   La ragione è che chi riceve la comunione vive di Cristo, che è il vivente, eterno nella sua nascita e risorto nella sua morte. Ogni celebrazione eucaristica è come una vigilia di Pasqua.

 

                          Giovanni Saldarini in Verso la Pasqua, In Dialogo 1983, pp. 30-31

 

 

                                            Mistero che disorienta la ragione umana:

                                                                 la vita si nutre della morte.

                                            Soltanto nell’Eucaristia la vita si alimenta con la vita!

                                                   

                                                                                   Dom H.   Càmara

 

6 NOVEMBRE 2015

NOI DESTINATI ALL'ETERNITA'

Attraverso l’Eucaristia Gesù ci dona sotto le specie del pane e del vino, la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante la nostra carne al fine di farci partecipare con tutto il nostro essere, spirito e corpo, alla sua risurrezione e condizione di gloria.

 

.

   Ireneo di Lione a tal proposito insegna: <<Come il pane che è frutto della terra, dopo che è stata invocata su di esso la benedizione divina, non è più pane comune, ma Eucaristia, composta di due realtà, una terrena, l’altra celeste, così i nostri corpi che ricevono l’Eucaristia non sono più corruttibili, dal momento che portano in sé il germe della risurrezione>>.   [ Questo ci spiega perché] <<il credo cristiano… culmina nella proclamazione della risurrezione dei morti alla fine dei tempi…>>.

 

 

    Con l’incarnazione il Verbo di Dio ha assunto la carne umana rendendola partecipe, attraverso la sua morte e risurrezione, della sua stessa gloria di Unigenito del Padre. Mediante i doni dello Spirito e della carne di Cristo glorificata nell’Eucaristia, Dio Padre infonde in tutto l’essere dell’uomo e, in certo modo, nel cosmo stesso l’anelito a questo destino.

 

                                                 Giovanni Paolo ll, Udienza generale 4 novembre 1998

 

 

                                                        La messa si divide in due parti:

                                         la prima, che si svolge all’interno del tempio,

                                                          è il servizio dell’amore di Dio.

                                                   La seconda, altrettanto importante,

                                                      si svolge all’esterno della chiesa,

                                                 ed è il servizio dell’amore degli altri.

 

                                                                                                                Canonico Michel

Piccola Nazareth 

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