

13 FEBBRAIO 2016
PREGHIERA PER IL PANE
Il pane è un mistero.
E’ fatto unicamente per essere spezzato
per essere mangiato e per sparire.
Soltanto così toglie la fame
rimette in piedi gli affamati
e coloro che sono in cammino.
Il pane è un mistero.
Mangiare il pane
è nutrirsi della vita della terra,
di sole e di rugiade,
del vento e della pioggia
e del lavoro degli uomini.
Mangiare il pane è un mistero
perché è gustare la musica
che batte nel cuore della terra.
A causa tua, Signore, mangiare il pane
è diventato un altro mistero.
Perché tu stesso sei diventato pane,
il pane quotidiano, spezzato, sbriciolato,
disperso per togliere la fame del mondo
rimettere in piedi i deboli
e coloro che sono in cammino.
Mangiare il pane è diventato
un grande mistero.
Ormai, nella Messa,
mangiare il pane è mangiare Dio,
gustare la musica di Dio,
vibrare al ritmo di Dio,
è mangiare la vita di Dio
è divenire come Dio.
Da quel giorno
il pane non è solo pane.
Ha il gusto di Dio.
Bruno Ferrero in Imparate da me!, Elledici 1987, p.26

14 FEBBRAIO 2016
LA PAROLA <<MEMORIA>>(1)
San Paolo ci ha conservato queste parole:<< Ogni volta che farete questo, fatelo in memoria di me>>. Ora comprendiamo perché Gesù ha detto <<Ogni volta che>>. Egli sapeva che i Giudei credenti celebravano – e avrebbero continuato a celebrare – ogni giorno quel pasto sacro rituale, e precisava che ormai non dovevano più celebrarlo per il passato d’Israele, ma per Lui stesso, per averlo in mezzo a loro come Redentore che si dà in morte per salvarli, e poi in vita risuscitata per amarli, per stringerli, per unirli a sé. <<Dunque - dice – tutte le volte che lo farete in avvenire lo farete in memoria di me>>.
Abbiamo qui una parola d’importanza capitale. Una parola che racchiude un mistero profondo, di una ricchezza e di una potenza infinite.
Una parola che solo Dio potrebbe concepire, solo Dio potrebbe mettere sulle labbra dell’uomo, solo Dio potrebbe poi accogliere e adempiere. E’ la parola <<memoria>>.
L’abbiamo certamente meditata tante volte. Ma purtroppo sia i predicatori come i nostri autori spirituali, che nulla sapevano della liturgia sinagogale, non ci hanno abituato a trovare in questa parola che il senso ovvio, talvolta un po’ sentimentale: <<Un ricordo di me>>, come se, andando alla morte, Gesù avesse gridato al mondo per un po’ di amore: <<Mi do alla morte per voi, non dimenticatelo!>>.
Un grido patetico, disperato… Non c’è da stupire se i nostri autori hanno insistito sulla compassione, sulla riparazione, e sull’amore riconoscente. Anche questo era giusto, poiché l’espressione <<in memoria>> contiene un richiamo al nostro amore di riconoscenza; ma lo contiene per mezzo di un concetto che ci spalanca un orizzonte e ci svela un contesto immensamente più ricchi di un semplice ricordo del passato.
Un Certosino in la Messa mistero nuziale, Gribaudi 1981, pp. 32-33

15 FEBBRAIO 2016
GESU' L'UNICO AMICO MIO
Gesù, sei tu il solo e vero amico. Tu non solo partecipi a ogni mia sofferenza, ma la prendi addirittura su di te e conosci il segreto per mutarmela in gioia.
Tu mi ascolti con bontà e, quando ti racconto le mie amarezze, non manchi di addolcirle. Ti trovo dappertutto; non ti allontani mai e, se sono costretto a cambiare residenza, ti trovo dovunque io vada. Non soffri la noia nell’ascoltarmi; non ti stanchi mai di farmi del bene.
Se ti amo, sono sicuro di essere riamato; non hai bisogno dei miei beni, né ti impoverisci a darmi i tuoi.
Anche se sono un pover uomo, nessuno, nobile, intelligente o santo che sia, potrà rubarmi la tua amicizia. La stessa morte, che divide tutti gli amici, mi riunirà a te.
Tutte le avversità dell’età o del caso non riusciranno mai ad allontanarmi da te; anzi, al rovescio, non godrò mai tanto pienamente della tua presenza e tu non mi sarai mai tanto vicino, quanto nel momento nel quale tutto sembrerà cospirare contro di me.
s. Claudio de la Colombiere

16 FEBBRAIO 2016
LA PAROLA <<MEMORIA>>(2)
La parola <<memoria>> si comprende meglio se la si traduce in modo più esatto con <<memoriale>>.
Si comprende immediatamente che <<memoriale>> è molto più di una semplice commemorazione, di un semplice ricordo soggettivo e personale del passato. Nella storia e nella letteratura d’Israele il <<memoriale>> è un pegno sacro dato da Dio al suo popolo che questi conserva come il tesoro spirituale per eccellenza.
Prima di tutto è quasi una garanzia da parte di Dio della sua fedeltà a Israele, della sua continuità del suo disegno di amore, della sua volontà salvifica sempre attuale. Diventa così il fondamento di una supplica fiduciosa affinchè il potere inesauribile della Parola di Dio che ha operato le meraviglie del passato continui a rinnovarle nel presente.
Un esempio tratto dalla vita famigliare ci aiuterà ad afferrare meglio questo concetto. Immaginiamo un padre di famiglia che in una circostanza tragica – terremoto, alluvione, incendio – abbia rischiato la vita per una figlia, riportandone cicatrici permanenti. Come padre ama tutti i suoi figli, ma dopo quell’incidente viene a stabilirsi fra lui e la figlia salvata un’intesa tutta speciale, un rapporto, un legame, un amore, una comprensione tanto profondi che è sufficiente uno sguardo da parte di lei, una parola, un accenno a ciò che lui ha fatto per lei – ed egli sa d’istinto ciò che passa nel suo cuore, ed egli è subito tutto comprensione, tutto amore e tenerezza, tutto protezione per lei…
Ebbene, il Padre è Dio e la figlia è Israele, quell’avvenimento è il <<memoriale>> che resta fra i due, una realtà oggettiva e immutabile, che in qualsiasi momento ha il potere di rimettere in moto tutto il dinamismo di quel mutuo rapporto che è continuo e si attualizza ad un cenno.
Un Certosino in La Messa mistero nuziale, Gribaudi 1981, pp. 34-36

17 FEBBRAIO 2016
L'ATTO SCONVOLGENTE DI DIO FATTOSI UOMO
Il gesto di Gesù è l’atto sconvolgente di Dio fattosi uomo per divinizzare l’umanità, e che ora si offre alle potenze della morte affinchè l’umanità intera abbia la gioia di poter accedere alla pienezza del Risuscitato. Esso è il gesto di un Dio che si fa padrone della storia e dell’avventura umana affinchè non solo queste siano orientate ad un fine, ma questo fine sia già una realtà presente nella vita dell’uomo. Esso è il gesto di un Dio che ha assunto le stesse dimensioni dell’universo e dei tempi, che prova il bisogno di essere presente in un dato momento del tempo e in un certo punto dello spazio, per l’uomo di questo tempo e di questo luogo, ma anche e contemporaneamente per tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi.
Il gesto di Gesù è un folle gesto d’amore nel quale è anticipata la morte del venerdì santo per rendere possibile il dono totale di Cristo agli uomini, attraverso l’offerta del pane e del vino che egli dichiara corpo e sangue suoi per le moltitudini, in remissione dei peccati, per la vita eterna.
E’ innegabile che i discepoli non potevano comprendere la portata e la profondità d’un tale gesto la sera del giovedì santo. Anche se il Signore si era preoccupato di prepararli, non potevano che esserne sbalorditi. Del resto, è possibile non restare sbalorditi di fronte all’Eucaristia? Forse proprio in questo sconcerto sta una strada per accedere al mistero!
Il gesto compiuto da Gesù istituendo l’Eucaristia conclude la sua vita e si pone nel prolungamento della pasqua annuale. E’ il dono di Cristo in persona. Cristo, una volta per sempre, nell’ambito della sua morte redentrice (morte e risurrezione inseparabili), istituendo l’Eucaristia conferisce alla realtà de pane e del vino la realtà pasquale della sua natura.
Raymond Johanny in l’Eucaristia cammino di risurrezione, Elledici 1976, pp. 98-99

18 FEBBRAIO 2016
LA MESSA: FRA LA CROCE DI CRISTO E LA NOSTRA VITA
Alla base del sacrificio eucaristico non c’è in primo luogo la concezione di un’offerta che noi facciamo a Dio, ma piuttosto il riconoscimento e l’accoglienza del dono che Dio ha fatto a noi. Nella Messa, infatti, noi presentiamo al Padre << la vittima che lui stesso ha preparato per la sua Chiesa…>> un <<sacrificio alla rovescia>>, secondo gli schemi religiosi naturali e comuni. Noi offriamo a Dio colui che lui stesso a dato a noi. D’altra parte non possiamo offrire a Dio il sacrificio di Cristo senza trovarci personalmente coinvolti in questo gesto di offerta, senza <<comprometterci>> personalmente davanti a Dio. Perché abbia senso l’offerta del sacrificio della Messa, la partecipazione all’Eucaristia, o lo stesso gesto di <<far dire delle Messe>>, è indispensabile che facciamo passare nella nostra vita il significato di ciò che celebriamo nel rito eucaristico. Altrimenti la Messa diventa una menzogna.
Non ha senso da parte nostra offrire a Dio il sacrificio di Cristo, senza offrire noi stessi con lui nella sincera ricerca della volontà di Dio, nell’obbedienza ai suoi comandamenti, nell’adesione di fede a Cristo Signore, nell’impegno di indirizzare tutta la nostra vita secondo il principio supremo della carità.
Staccata da questi due riferimenti – al sacrificio di Cristo, da una parte, e al sacrificio spirituale e concreto della nostra vita, dall’altra – la Messa non significa nulla. Il suo valore di sacrificio sta tutto nella tensione e nel rapporto fra ciò che si è già compiuto in Cristo (memoriale) e ciò che ancora deve compiersi in noi sotto l’azione dello Spirito Santo (comunione e partecipazione vissuta al sacrificio di Cristo nell’esistenza quotidiana).
E’ questa l’autentica concezione cristiana del sacrificio, che risalta nelle preghiere stesse con cui <<si fa>> l’Eucaristia.
Domenico Mosso in Il sacrificio gradito a Dio, Elledici 1981, pp. 57-58
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