

13 NOVEMBRE 2015
LO SPIRITO CI ASSIMILA A CRISTO
Seguire Gesù non è un’imitazione esteriore, perché tocca l’uomo nella sua profonda interiorità. Esser discepoli di Gesù significa essere resi conformi a lui che si è fatto servo fino al dono di sé sulla croce (cf Fil 2,5-8). Mediante la fede, Cristo abita nel cuore del credente (cf Ef 3,17), e così il discepolo è assimilato al suo Signore e a lui configurato. Questo è il frutto della grazia, della presenza operante dello Spirito Santo in noi.
Inserito in Cristo, il cristiano diventa membro del suo corpo, che è la Chiesa (cf 1 Cor 12,13,27). Sotto l’impulso dello Spirito, il battesimo configura radicalmente il fedele a Cristo nel mistero pasquale della morte e risurrezione, lo «riveste» di Cristo (cf Gal 3,27): vivente per Dio in Cristo Gesù, è chiamato a camminare secondo lo Spirito e a manifestarne nella vita i frutti (cf Gal 5,16-25),
La partecipazione poi all’ Eucaristia, è vertice dell’assimilazione a Cristo, fonte <<di vita eterna>> (cf Gv 6,51-58), principio e forza del dono totale di sé.
Giovanni Paolo II in Veritas Splendor, n.21
"Oh! Se l’Eucaristia fosse meglio compresa
più degnamente e frequentemente ricevuta.
Quanto più copiosi sarebbero i frutti di concordia, di pace,
di spirituale decoro che ne deriverebbero alla Chiesa
e al mondo intero".
b. Giovanni XXIII

14 NOVEMBRE 2015
HAI VOLUTO DARCI IN CIBO TUTTO TE STESSO
O inestimabile carità,
come tu donasti a noi te stesso,
tutto Dio e tutto Uomo nell’Incarnazione,
così ugualmente ti lasciasti a noi in cibo,
affinchè, mentre siamo pellegrini in questa terra,
non veniamo meno per la stanchezza, ma siamo fortificati da te, cibo celestiale.
O uomo, vile mercenario, che cosa ti ha lasciato il tuo Dio?
Ti ha lasciato se stesso,
tutto Dio e tutto Uomo velato sotto il candore del pane.
O fuoco d’amore,
non ti bastava forse di averci creati
imprimendo in noi la tua stessa
immagine e somiglianza,
e di averci ricreati alla grazia
nel sangue del tuo Figliuolo?
No, non ti è bastato,
ma hai voluto darci in cibo
tutto te stesso,
Dio, essenza divina.
Chi ti ha costretto?
Null’altro se non la tua carità,
perché tu sei pazzo d’amore.
s. Caterina da Siena

15 NOVEMBRE 2015
L'EUCARISTIA, SACRAMENTO CENTRALE DELLA VITA CRISTIANA
La «fornace ardente» del Mistero Pasquale, sempre pronta ad accoglierci, deve essere rivisitata per convertirci a vivere: «Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita» (Gv 6,53). Aver parte con Cristo vuol dunque dire nutrirsi di Lui allo scopo di identificarsi con Lui. Quanto abbiamo bisogno di continuamente tornare a questo senso della nostra vita, sottraendoci alle molte false motivazioni che la distraggono e la tengono nella sua povertà terrena!
Identificarsi con Cristo non è soltanto una questione psicologica, infatti: significa piuttosto lasciarsi coinvolgere nel suo olocausto salvifico, fino a completare nella propria carne «quello che manca ai patimenti di Cristo» (Col 1,24). (…) Siamo invitati con forza dalla Chiesa a risvegliare la nostra vita eucaristica da ogni abitudinarietà, rendendola di nuovo avvenimento culminante e veramente plenario, festivo e glorioso che non si può mai banalizzare o subordinare a qualsiasi altro momento della vita.
«Attirerò tutti a me!» (Gv 12,32), Ha proclamato il Salvatore. Ma attorno all’Eucaristia oggi vi è ancora la commossa consapevolezza della fede della Chiesa primitiva? Attorno all’Eucaristia c’è ancora l’esultanza dello spirito e il fervore della carità? O non diventa questa Eucaristia, troppe volte, un «dovere» da compiere, invece di essere il momento più forte della nostra trasfigurazione? (…)
Se l’Eucaristia è il momento in cui Gesù «dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Gv 13,1), essa deve portare pure a conoscere questa «fine», questa pienezza indiscussa dell’amore, che non vuole mai essere attutito nelle sue capacità di fermento e reagisce contro tutto ciò che lo indurrebbe a impigrirsi e a nascondersi sotto il moggio.
Anastasio Ballestrero RDTO 1983,PP.238-239

16 NOVEMBRE 2015
LO SPIRITO CHE CI REDIME E UNISCE A SE'
Al momento della consacrazione dunque Egli (Gesù) ci mette in contatto intimo, diretto con il momento in cui muore per amore per il Padre. Ma quel momento corrisponde esattamente- perché coincide perfettamente-, col momento in cui il Padre lo accoglie in amore e lo corona di gloria, trasformando la sua stessa umanità- offerta a Lui in morte-nello Spirito di Dio.
Già prima della comunione, già dalla consacrazione- che è il momento della sua morte e glorificazione- l’anima è invasa dalla forza redentrice che sgorga dal costato di Gesù. Con l’ultimo fiotto del suo Sangue scaturisce già quell’<<acqua pura>>, quell’<<acqua viva>> promessa dai profeti- e promessa da Lui.
Sgorgano già i fiumi dello Spirito. Basta che accettiamo la morte dell’Agnello, basta che crediamo alla redenzione del suo Sangue e siamo già entrati nella nuova Alleanza con Lui. Il suo Spirito ci possiede da quell’istante: e mentre quello Spirito redime e unisce a sé l’anima credente, la innalza e la porta nel cuore di Gesù dove viene abbracciata come Sposa.
Gesù e l’anima redenta da Lui diventano una sola vita; lei si inserisce in Lui come un tralcio nella vite, lei, sua Sposa, diviene parte di Lui che l’afferra con il suo Spirito e la trae a sé. Nell’ultima Cena Egli le aveva promesso quest’unità di vita. Ora la conduce con sé, come parte di sé, mentre entra nell’amplesso dell’amore eterno del Padre… Lei è ormai una sola cosa con Lui mentre Lui viene accolto dal Padre, nel cuore della Messa, quale dono irresistibile.
UN CERTOSINO in la Messa mistero nuziale, Gribaudi 1981, pp.73-74
" L'Eucaristia ci viene data per diventare concorporei e consanguinei di Cristo"
s. Cirillo di Gerusalemme

17 NOVEMBRE 2015
UN IMPEGNO PRESO NEL GIORNO DELLA PRIMA COMUNIONE
Durante la prima guerra mondiale, una sera, dopo una battaglia sanguinosa, cappellani militari e infermieri strisciavano sul campo per raccogliere i moribondi e i morti.
Al margine di un cespuglio, un sacerdote s’inginocchiò accanto a un giovane soldato.
I suoi occhi erano spalancati, rivolti alle stelle.
Non si scorgevano né ferite, ne sangue.
«Dove sei ferito?»
«Alla schiena».
« Vorresti confessarti?».
«No, mi sono confessato questa mattina. Vorrei invece ricevere l’Eucaristia per l’ultima volta».
Il cappellano aprì la teca d’oro e diede Gesù al soldato morente.
«Reverendo, -- sospirò poi, -- ormai non ho più vita per il ringraziamento: lo farò in cielo. Ho una preghiera da rivolgerle: nella tasca del mio giubbotto conservo il nastro di seta bianca che mia madre aveva annodato al cero il giorno della mia prima Comunione. Ho fatto allora il proposito di portarlo sempre con me e di non commettere mai peccati gravi. Per favore: glielo mandi a mia madre, con il mio ultimo, caro abbraccio».
Il sacerdote acconsentì, poi pose un braccio sotto il capo del moribondo, che sorrise.
«Ora posso addormentarmi come a casa», disse con voce sempre più fievole.
Poi chinò il capo e morì nel Signore.
" La comunione con Gesù deve durare tutta la vita, tutta l’eternità."

18 NOVEMBRE 2015
CONTEMPLARE IL DIO DELLA GLORIA
Se volessimo rispondere alla domanda: chi è presente nel santissimo Sacramento? Dovremmo dire: il Cristo glorioso che regna nel cielo. Ecco la risposta della fede cattolica. Questo Cristo glorioso è davvero il Cristo che ha sofferto. Ma sebbene le sue sofferenze gli siano ancora presenti, pure non è, propriamente parlando, il Cristo sofferente che è presente nel santissimo Sacramento. E quantunque Egli viva mediante la grazia in tutti i membri del suo Corpo Mistico, non è il Corpo Mistico di Cristo che è presente sull’altare.
Il modo migliore di unire queste tre concezioni in una sola ( perché infatti sono una cosa sola in Lui, lì presente innanzi a noi) è di comprendere che il Cristo glorioso che viene a noi nascosto sotto le specie sacramentali è lo stesso Cristo che, dopo averci redento e santificato, sarà nel cielo la nostra gioia eterna.
La nostra vita di preghiera e di adorazione eucaristica è, infatti, l’inizio di quella contemplazione di Dio in Cristo che sarà tutta la nostra vita allorchè entreremo nella sua gloria.
La nostra contemplazione è un atto di culto che anticipa la visione e la lode del cielo. Per quanto questo non ci sembri, dobbiamo comprendere che la meditazione, che prolunga la nostra Messa e la Comunione, è pure una misteriosa riproduzione sulla terra del grande coro di adorazione che si innalza anche ora in cielo davanti a Dio.
Thomas Merton in Il pane vivo, Massimo 1983, pp. 45-46
“Gesù ci ha detto:
Tutta la giornata sia preparazione e ringraziamento alla santa comunione”.
S. Pio da Pietrelcina