

19 GIUGNO 2015
L’Eucarestia è un'opera di unificazione
Terminata la grande preghiera Eucaristica e avvicinandosi il momento della comunione, la liturgia accumula una serie di segni che vanno nella stessa direzione. Anzitutto ci mette sulla bocca il “Padre nostro”, la preghiera dei figli di Dio, che ci fa sentire tutti fratelli intorno alla mensa dell’unico Padre.
Poi l’abbraccio di pace, scelto “per significare l’unità”.
Simbolo trasparente, che parte dall’altare, si propaga nell’assemblea e sembra volersi estendere al mondo intero, nessuno escludendo, quasi rendendo visibile la colata dell’agape nel cuore degli uomini. Finalmente la frazione del pane, accompagnata dal suo canto proprio, “l’Agnus Dei”, che gli antichi chiamavano appunto “con fractorium”. Esprime la logica di Paolo: un solo pane, quindi un solo corpo. Potremmo esplicitarla così: che cosa ci potrà separare, se viviamo tutti della stessa linfa pasquale che nel pane spezzato il Padre ci dona, donandoci il suo stesso Cristo? Va anche ricordato un uso antico che accomuna Oriente e Occidente: quello di inviare un frammento di pane consacrato ai prigionieri e agli ammalati, e l’uso di scambiarsi questo frammento tra un vescovo e l’altro in segno di comunione.
Anche questo è un segno trasparente di una radicale convinzione di fede: l’Eucaristia è tutta un’opera di unificazione, l’unico pane è un vincolo di comunione attraverso lo spazio e il tempo. Chi entra così nei segni, non con una esecuzione sciatta e meccanica, ma con una comprensione viva, è disposto a ricevere il pane Eucaristico mediante una “manducazione spirituale”.
E’ un tema fecondo che ha le sue radici in Agostino.
MARIANO MAGRASSI in "Eucaristia e Chiesa: un solo corpo", La Scala 1978, pp. 38-40

20 GIUGNO 2015
Lo Spirito e la sposa
La realtà più vera e più profonda dell’ultima Cena – che si rinnova in ogni liturgia Eucaristia – ci permette d’insistere su un concetto, e cioè che il mistero dell’Eucaristia cristiana è anzitutto fondamentalmente un mistero nuziale.
E non solo perché l’essenza stessa del cristianesimo risiede precisamente nel preparare la Sposa che dovrà discendere da Dio adorna per le nozze con l’Agnello, ma perché è soprattutto mediante l’Eucaristia che Dio la prepara. Una conclusione quindi si impone.
Da parte della Sposa, la Messa rappresenta il suo consenso al matrimonio eterno della nuova Alleanza, in quanto ella accetta nella fede tale Alleanza a lei offerta nel Sangue di Gesù sparso per la sua salvezza.
Da parte di Gesù egli, nella Messa, ogni giorno ripropone o almeno rinnova questa offerta di Alleanza e matrimonio alla Sposa, e contemporaneamente, ritornando al suo atto di redenzione sul Calvario, crea nuovamente la Sposa per comunicarle il suo Spirito e la sua Vita….
Ritornando al momento della consacrazione, Gesù conduce anche noi con sé nell’intimità del suo amplesso.
Subito dopo la consacrazione vengono tre preghiere (canone romano): in esse la Chiesa si associa consapevolmente a Gesù nel suo sacrificio e lo offre al Padre; e insieme con Lui offre se stessa in Gesù, il Dono irresistibile del Padre.
UN CERTOSINO in "La Messa mistero nuziale", Gribaudi, 1981, pp. 75-76
"Sappi, o cristiano, che si merita di più ascoltando devotamente una Santa Messa
che col distribuire ai poveri tutte le proprie sostanze e col girare pellegrinando tutta la terra."
S. BERNARDO

21 GIUGNO 2015
La consacrazione è segno di comunione
Cristo ci chiama a fonderci con Lui.
Dice: “Chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue dimora in Me ed io dimoro in lui” (Gv 6,57).
Per adeguarmi al segno della consacrazione, in me deve nascere questa decisione: farmi dono con Cristo; annientarmi; non amare a chiacchiere, ma a fatti; far comunione con Lui.
Avere i suoi sentimenti, i suoi gusti, i suoi pensieri, la sua vita, Lui in me ed io in Lui.
C’è un programma di vita completo aperto davanti a me: vivo il segno della consacrazione solo se ho la volontà di adeguarmi al segno.
Nel corso del rito liturgico, la Chiesa mi sottolinea in vari modi come devo vivere la consacrazione.
Essa fa dire al celebrante all’apertura del rito: “Nella notte in cui fu tradito…”, questo è un ammonimento grave, tremendo e ci ricorda che c’è una notte che incombe su tutti noi, una notte di tradimento che ci attenderà fuori della chiesa, a cui dobbiamo essere preparati.
“Annunciamo la tua morte!” ci fa proclamare dopo la consacrazione.
Ma noi non annunciamo nulla se in noi non c’è la volontà di morire all’egoismo e di risorgere alla carità!
“Dona la pienezza dello Spirito”, cioè la pienezza dell’amore, si dice nella preghiera Eucaristica.
Una vita piena, ecco la decisione che dovrebbe maturare in me dopo la consacrazione.
“Faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito”.
Diventare sacrificio tutti i giorni, con Cristo, in Cristo per Cristo, per tutte le ore, tutti i minuti, in tutte le situazioni.
Non è poco ciò che mi chiede la consacrazione.
ANDREA GASPARINO in "La Messa: cena del Signore", Elledici 1985, pp. 42-43

22 GIUGNO 2015
Il miracolo della consacrazione
L’Eucaristia è preghiera di rendimento di grazie, celebrata da Gesù con i discepoli nella convivialità della Santa Cena.
(…) Ed ecco la Chiesa riunita nel nome santo di Dio che si presenta in assemblea e:
– fa memoria, attualizzandola, della morte e risurrezione di Cristo;
- Lo celebra in un’assemblea di persone vive che credono;
- Lo proietta nel futuro della vita terrena che si completerà nella visione della santità di Dio.
Eucaristia è:
- portare le primizie di una settimana che inizia e i frutti di un’altra che si conclude;
- deporre davanti al Signore le buone cose che Egli ha dato a me e ai fratelli;
- benedire il Signore nostro Dio ora e sempre perché è stato fedele anche oltre la nostra continua infedeltà;
- invocare il nome del Signore, notte e giorno, perché non sia spezzata l’alleanza di amicizia con Lui;
- supplicare il Signore perché faccia risplendere il suo volto sulla umanità intera che spesso è in preda alla desolazione;
- riconoscere la grandezza, la potenza, lo splendore, l’eternità e la gloria del Signore Dio;
- riconfermarci nella convinzione che il Signore apprezza la rettitudine dell’uomo, ne scandaglia il cuore, non stima la forza, ma colui che dona nella gioia e vive nella letizia offrendo un vero culto spirituale; all’uomo che proclama la “santità di Dio” dona lo Spirito Santo perché, con tutta l’umanità, diventi un solo corpo e un solo spirito nel Cristo.
C. DANIELE – D. ZANNELLA in "Eucaristia della festa", Elledici 1986, pp. 133-134

23. GIUGNO 2015
Beati gli invitati alla Mensa
Il Signore ci invita alla sua mensa, ma noi diciamo di non esserne degni…
È la verità: siamo gli invitati della parabola: storpi e ciechi.
Siamo però chiamati dal Signore che ci dice: “Alzati e mangia”, per avere la forza di raggiungere il monte di Dio; per camminare nella comunione e nella carità; per essere sostenuti da Dio nella fede.
Ma “fare comunione” non è solo “ricevere la comunione”.
Spesso dimentichiamo che in noi entra, con il “pane consacrato” e la Parola di Dio, il sorriso e la preoccupazione dei fratelli, i gesti di accoglienza o di impazienza, i pensieri conformi o difformi dal pensiero di Dio.
Se ci preoccupiamo solo di “questo momento” della celebrazione, rischiamo di rattristare lo Spirito e di “frantumare” il corpo di Cristo.
Infatti: corpo di Gesù è il pane, il vino, ma anche la Parola pronunciata e ascoltata; la fraternità raccolta e ridistribuita; è gioia ricevuta e comunicata; è comunione difficile e fedele.
C.DANIELE – D. ZANELLA in "Eucaristia della festa", Elledici 1986, pp. 159 – 160.
"Tutti i passi che uno fa per recarsi ad ascoltare la Messa sono da un Angelo numerati,
e per ognuno sarà connesso dall’Altissimo sommo premio e in questa vita e nell’eterna."
S.Agostino

24. GIUGNO 2015
<< Amen >>
Che relazione c’è tra noi, Chiesa, e l’Eucaristia che celebriamo?
S. Agostino ci dà una risposta che poi dovremmo approfondire.
Ci dice: << È il vostro mistero che si celebra sull’altare del Signore, dal momento che voi siete il corpo di Cristo e le sue membra; voi ricevete il vostro stesso mistero e rispondete: Amen! A quanto voi siete e, rispondendo, voi lo accettate.
Vi viene detto: "Il Corpo di Cristo!" E voi rispondete: "Amen!"
Sii un membro del Corpo di Cristo, cosi che il tuo Amen possa essere vero >> (sermone 272).
Sull’altare, dunque, si celebra anche il nostro mistero; c’è presente la Chiesa. L’Amen che pronunciamo al momento della comunione è un << sì >> detto alla Chiesa e ai fratelli.
Noi sappiamo che sull’altare il Cristo – Capo è presente realmente ( per transustanziazione, secondo il linguaggio tecnico, ma inadeguato della teologia); ma in che maniera diciamo che anche la Chiesa è presente nell’ Eucaristia e che l’Eucaristia fa la Chiesa? La Chiesa si fa presente non realmente e fisicamente, ma in maniera mistica, in forza del mistero della sua intima connessione con Cristo suo Capo. Sull’ altare, dunque, si fa presente sia in corpo reale di cristo, sia il suo corpo mistico che è la Chiesa. Noi diciamo Amen, << si >>, a Cristo morto e risorto per noi, ma anche alla Chiesa; a chi ci vive accanto, a chi ci ama
( un gioioso << si >> prima di tutti a loro!), a chi non ci ama e ci fa soffrire.
E questo perché Gesù, per primo, ha amato noi, ha dato se stesso per noi, dicendo il suo potente << si >> che ci ha salvati.
RANIERO CANTALAMESSA in " La Parola e la vita", Città Nuova 1990, pp. 160 – 161. 165 – 166