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19 GENNAIO 2016

UN AMORE APPASSIONATO PER GESU' EUCARISTIA

 

Abbiate un amore appassionato per l’Eucaristia, amate Gesù nel Sacramento con tutto l’ardore con cui si ama nel mondo. A tal fine cominciate col mettere la vostra intelligenza sotto l’influsso di questa santa passione. Nutrite in voi lo spirito di fede, persuadetevi invincibilmente della verità dell’Eucaristia, della verità dell’amore di cui Nostro Signore vi dà prova.

 

Abbiate una grande idea, quasi una contemplazione estatica della presenza e dell’amore di Gesù: in tal modo date al vostro amore un focolare che ne alimenterà costantemente la fiamma.

 

Mirate Gesù nel Santissimo Sacramento, contemplate il suo amore, siatene penetrato e rapito. E voi esclamerete attonito: <<Come dunque è possibile che Gesù mi ami al punto di darsi a me sempre senza stancarsi mai?>>

 

La vostra mente si fissa allora su Nostro Signore, tutti i vostri pensieri si affaticano a cercarlo, a studiarlo; sentite il bisogno di penetrar le ragioni del suo amore; nello stupore, nel rapimento il vostro cuore lascia sfuggire questo grido:  << Come potrò rispondere a tanto amore?>> L’amore va allora crescendo nel vostro cuore: si ama assai quello soltanto che ben si conosce. Il cuore si slancia verso il Santissimo Sacramento, poiché non ha pazienza d’appressarsi a poco a poco. Gesù mi ama e mi ama nel suo Sacramento!

 

Il cuore spezzerebbe, se potesse, le pareti che lo rinchiudono per unirsi a Nostro Signore. Vedete i Santi:  l’amore li infiamma, li fa soffrire, li trasporta; è un fuoco che consuma le loro forze e finisce col farli morire. O morte felice!

 

 

                                                                                       s.Pier Giuliano Eymard

2O GENNAIO 2016

LA GIOIA CHE NASCE DALL'EUCARISTIA

 

La gioia genuina deriva al cristiano dal fatto che, della propria vita, della domenica, dell’Eucaristia, Cristo Gesù è il protagonista, Dio è il regista. Se questa sarà la nostra convinzione,  se ad essa ci ispireremo, se di questa certezza faremo il nostro punto di riferimento, allora, e solo allora, questo giorno così pieno di umano e di divino illuminerà poi tutti gli altri giorni della nostra settimana.

 

E così il riposo non sarà più un vacuo stordirsi, ma preziosa occasione di arricchimento e crescita. Le attività quotidiane troveranno la loro giusta dimensione e collocazione.

 

Le cose per le quali ci affanniamo, e che a volte sembrano dominarci, ritroveranno la giusta misura. Le persone che ci vivono accanto avranno il loro vero volto, forse più problematico, certo più ricco, solo se avremo imparato a chiamarli fratelli nell’incontro <<della festa>>.

 

Perché questo avvenga, il <<convenire >> domenicale dovrebbe però comportare sempre parole e gesti concreti e specifici di accoglienza che è ad un tempo perdono e riconciliazione, amicizia e fraternità, testimonianza e servizio.

 

 

                           C. Daniele – D. Zanella in Eucaristia della festa, Elledici 1986, pp.72-73

 

                                                             "L’ombra della croce,

                                    sulla quale è maturato il frutto saporito dell’Eucaristia,

                                       porge refrigerio contro l’ardore della concupiscenza;

                                          e il frutto dolcissimo del sacramento eucaristico,

                                ch’è frutto della croce, ci riempie l’anima di celeste soavità."

 

                                                                                             Alberto Magno

21 GENNAIO 2016

IL FASCINO DELLA PRESENZA EUCARISTICA

 

Un bravo papà protestante condusse un giorno la sua bambina in una chiesa cattolica. Vedendo la piccola ardere vicino ad un altare una lampada, chiese:

<<Babbo, perché è accesa quella lampada essendo ancora giorno?>>

Con sincerità il padre rispose:

<<Figlia mia, secondo i cattolici dentro quel tabernacolo c’è Gesù in un pezzo di pane consacrato. Questa lampada accesa ricorda loro la sua presenza>>.

 

Osservò la bambina: <<Come sarebbe bello vivere con Gesù vicino!>>.

Alcuni giorni dopo la bambina fu condotta nella chiesa protestante. Chiese, curiosa:

<<E come mai qui papà  non c’è la lampada accesa?>>.

Rispose il babbo: << Perché per noi protestanti qui non c’è Gesù nel tabernacolo, bambina mia>>.

 

La fanciulla rimase un po’ pensosa, poi tirando per una manica il padre suggerì:

<<Papà , andiamo dove c’è Gesù! E’ meglio!>>.

 

Gesù è realmente presente nel Santissimo Sacramento dell’altare.

 

                                            " L’Eucaristia è il colmo dell’amore divino.

                  Qui Gesù non ci dà solo i suoi meriti e i suoi dolori, ma tutto se stesso."

 

 

                                                                                            b.Elisabetta della Trinità

 

 

 22 GENNAIO 2016

UN GESTO PROFETICO

 

 

L’Eucaristia conferisce un significato al mondo. Da parte di Cristo è un gesto profetico. Il gesto compiuto da Gesù la sera del giovedì santo, quando istituisce l’Eucaristia, impegna l’avvenire. Gesù ne è perfettamente cosciente. Il gesto infatti non è qualcosa di esteriore, ma l’espressione più piena della sua vita, che sarà sanzionato dal dono della vita stessa, sul calvario. Cristo offre totalmente se stesso. Questo gesto, anche se compiuto la sera della vita terrestre di Cristo, anche se iscritto e limitato nel tempo e per i discepoli, non si lascia chiudere in questo limitato orizzonte.

 

Esso è il gesto del Verbo fatto carne, vero uomo e vero Dio: un Dio risoluto a rimanere con i suoi, presente fra di loro, in tutto lo spessore del carnale e del quotidiano, consapevole insieme che tutto ciò gli è impossibile materialmente. Egli infatti deve ritornare dal Padre: ma ciò è l’unico modo e l’unica possibilità per poter continuare ad essere presente non solamente ad un popolo e ad un’epoca, ma a tutti i popoli di tutte le epoche. Il gesto di Gesù è quello dell’amore che va fino alle estreme conseguenze. Un amore che ha bisogno di giungere sino alla massima espressione per non rimanere incompleto, ma anche un amore che non accetta di essere sottratto all’affetto dei suoi.

 

E’ un gesto che si ripercuote sulla vita intera del singolo e dell’universo; un gesto che racchiude in sé tutta la storia per farlo convergere, in qualche modo, in un punto dove si concentra la potenza della vita. Concentrazione di vita che non è un recupero, bensì una fioritura, un erompere, in quanto di lì la vita si diffonde a tutto l’universo.

 

                Raymond Johanny in L’eucaristia cammino di risurrezione, Elledici 1976, pp. 97-98

23 GENNAIO 2016

GESU', <<L'AGNELLO DI DIO>>

 

Nell’ultima cena Gesù parlò del sacrificio della sua vita e dell’offerta di se stesso per noi. Riprendendo le parole di Mosè al Sinai ( Es 24,8) e riferendosi alle parole di Geremia (Ger 31,31), Gesù presenta la sua morte come il sacrificio che sancisce la <<nuova ed eterna alleanza>>, ormai stabilita da Dio con tutti gli uomini e per sempre. Così Gesù ha riassunto in se stesso il significato di tutti i sacrifici dell’ Antico Testamento e ha realizzato davvero, agli occhi di Dio, ciò che in tutti i sacrifici compiuti dagli uomini poteva esprimersi soltanto a livello di segno e di intenzione.

 

Egli è il vero <<agnello pasquale>> che è stato immolato per la liberazione di tutta l’umanità  dalla schiavitù del peccato e dal potere della morte. Ormai bisogna togliere dalla nostra vita il <<vecchio lievito>> del male, per essere una <<pasta nuova>>, poiché  <<Cristo, il nostro agnello pasquale, è già stato sacrificato>> ( 1 Cor 5,7). L’agnello era l’animale più comunemente usato, ai tempi di Gesù, come vittima per i sacrifici; in particolare era la vittima obbligata per il sacrificio di Pasqua. E Isaia aveva paragonato il Servo del Signore a un <<agnello condotto al macello>> (Is 53,8).

 

A tutto questo fanno allusione gli autori del Nuovo Testamento quando parlano di Gesù come <<agnello>>, e in particolare il Vangelo di S. Giovanni quando dice: << Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!>> (Gv 1,29)

 

                                 Domenico Mosso in Il sacrificio gradito a Dio, Elledici 1981, pp. 30-31

 

 

                    “Ho trovato molti giovani che si sono conservati sempre puri,

                         ma non ne conosco nemmeno uno che abbia conservato

                         il candore del suo cuore senza la Comunione frequente".

                                                                                 

                                                                                                      Mons. Olgiati

24 GENNAIO 2016

L'EUCARISTIA SACRIFICIO-DONO

 

Nell’anno 302, durante la persecuzione di Diocleziano, in Roma, un ragazzo di nome Tarcisio, dopo aver partecipato alla Messa nelle catacombe di san Callisto, ricevette dal Papa, in un bianco lino, il pane eucaristico, perché lo portasse in carcere ai cristiani condannati a morte. Il giovane accolse Gesù Eucaristia vicino al suo cuore, e silenzioso s’avviò verso le prigioni. Per caso incontrò per strada alcuni compagni pagani che allegramente giocavano. Questi, vedendolo così raccolto, si insospettirono e volevano a tutti i costi carpirne il segreto.

 

Quando capirono ciò che portava, l’odio, che veniva da tutti predicato contro i seguaci di Gesù, li accese di violenza. Presero a pugni e a sassate il giovane cristiano e cercarono in tutti i modi di rubargli il prezioso tesoro che stringeva a sé. Non ci riuscirono, nemmeno riducendolo in fin di vita. Finalmente passò di lì un soldato cristiano di nome Quadrato, che soccorse Tarcisio. Lo prese tra le braccia e lo riportò nella comunità cristiana.

 

Solo qui Tarcisio riconsegnò al Papa Gesù Eucaristia. Subito dopo, per le ferite subite, si aggravò e si spense, fiero di aver dato la vita come Cristo Gesù, suo amico e Signore.

 

“ Non c’è amico migliore di colui che dona la vita per la persona amata”. San Tarcisio ha copiato Gesù Cristo, morto sulla croce per noi tutti. L’Eucaristia è  il sacrificio del corpo e del sangue di Cristo in cui si perpetua nei secoli il sacrificio della croce e il memoriale della sua morte e risurrezione (Sc 47). Come tale è il segno dell’amore infinito di Dio Padre per l’uomo:<< Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito>> (Gv 3,16). Le parole di Cristo nella consacrazione sono le parole di una donazione assoluta e di un sacrificio totale  di sé durante tutta la vita.

 

 

                      C.Daniele- D. Zanella in Eucaristia della festa, Elledici 1986, pp. 37-38

Piccola Nazareth 

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