

19 GIUGNO 2016
PREPARAZIONE
Quand'ero bambino di quando in quando alla domenica mattina i vigili del fuoco lavavano le strade del paese prima della Messa. Chi usciva, vestito a festa, trovava così anche la strada pulita, bella, accogliente. Andavo alla chiesa più volentieri, con una gioia in più al vedere quegli uomini forti, tra cui mio padre, dedicarsi ad un lavoro che avrebbe potuto essere ritenuto superfluo, ma che rendeva accogliente il percorso verso l'Eucaristia nel giorno del Signore. L'Eucaristia è un avvenimento, e come tale merita essere preparato con cura. Per un avvenimento importante si preparano anche le strade, e i vestiti e i fiori e varie altre piccole cose. L'Eucaristia è un avvenimento: naturalmente per chi lo vive, per chi se ne nutre, per chi crede. Mi è venuto alla mente questo particolare leggendo Isaia, che parla di una strada appianata, chiamata Via santa, preparata per persone che l'avrebbero percorsa con gioia e felicità, perché di ritorno dall'esilio dove abbondavano solo tristezza e pianto! Essi tornavano alla città di Sion, città della presenza del Signore. Quanto più noi ci prepariamo per l'incontro col Signore stesso, che ci parla e si dona a noi per nutrirci!
A proposito del vestito bisognerebbe ricordare che la celebrazione eucaristica non deve essere vissuta come l'occasione per sfoggiare l'ultima moda! I cristiani si vestono in modo da non attirare l'attenzione su di sè, tanto meno sul proprio corpo! Per quanto riguarda poi le mode estive, essi sanno che certe nudità sono segno di superficialità e di mala educazione ed essi non vogliono peccare provocando tentazioni impure o seduzioni ai fratelli! Essi sono attenti alla parola: "Rivestitevi di Cristo Gesù!", e perciò desiderano che tutto il proprio portamento attiri l'attenzione a lui!
Per recarci alla Messa non ci dovremmo accontentare di indossare indumenti puliti e ordinati, ma anche cercare di prepararci spiritualmente e culturalmente. Dovremmo cioè fare un bagno di pulizia interiore con una bella confessione dei peccati: questo non solo per alleggerirci di piccoli o grandi pesi, ma soprattutto per approfondire la nostra comunione con Gesù e non lasciare ostacoli alla comunione con i fratelli! Di fronte a Dio siamo sempre peccatori, sempre bisognosi della sua misericordia. Che differenza tra coloro che si confessano spesso e chi invece celebra questo sacramento solo raramente! Ci si accorge della grande diversità della vita interiore tra gli uni e gli altri!
Qualcuno, inoltre, per prepararsi alla celebrazione eucaristica, legge al sabato sera, se non prima ancora, le letture che saranno annunciate, o, come minimo, il Vangelo e una sua spiegazione. Ci sono genitori che dedicano la serata del sabato a leggere con i figli il Vangelo della domenica, a drammatizzarlo, a disegnarlo, a sceglierne una frase da tener presente tutta la settimana! Chi si è preparato vive con maggior consapevolezza l'Eucaristia, che diventa più bella e sarà certamente più fruttuosa! La sua partecipazione è sicuramente un dono migliore ai fratelli!
Arrivando alla porta della chiesa incontro altri cristiani: saluti, sorrisi, strette di mano! Sono le persone che condivideranno il momento solenne dell'Eucaristia, che mi aiuteranno a viverlo, che lo rendono possibile. Se non ci fossero, ci sarebbe qui oggi la celebrazione? Il prete andrebbe senza dubbio a celebrare altrove! Sono perciò contento che ognuno di essi sia presente, lo accolgo e mi lascio accogliere. Queste persone non sono estranee, anche se qualcuna non la conosco. Non affretto il passo, non scappo via, non giro l'angolo: staremo insieme davanti a Dio, lo loderemo insieme, saremo stimolo e aiuto reciproco! Arrivo qualche minuto prima per vivere anche questi incontri con calma e con gioia! Si sta radunando la grande famiglia dei figli di Dio! Sono un membro di questa famiglia, ne godo e ne porto la mia piccola responsabilità.
Don Virgilio Covi
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20 GIUGNO 2016
I RITI INTRODUTTIVI
Il sacerdote s'avvicina all'altare della celebrazione e si china a baciarlo. Lo fa mentre tu canti insieme a tutti un inno di lode, che chiamiamo "canto d'ingresso". Tu canti con gioia, e il sacerdote, a nome di tutti, con gioia bacia la mensa. Un bacio è sempre un segno: questo bacio non è dato ad un tavolo di legno o di pietra, ma è dato a colui che da esso è significato. Quando io mi chino a dare quel bacio mi rivolgo a Gesù, e gli dico: " Ti amo. Tutta questa celebrazione sia un bacio gradito a te, un bacio di tutti i presenti qui riuniti, segno della nostra fiducia in te, della nostra stima, del nostro attaccamento a te ". Hai mai fatto caso a quel bacio? Con un altro bacio all'altare si conclude la celebrazione. Hai mai cercato di parteciparvi spiritualmente? Non lasciarmi solo in quel momento! Il nostro ritrovarci è un atto d'amore a Gesù: glielo diciamo con un gesto semplice e povero. Un santo diceva che quel bacio è quello che il Signore stesso porge a noi! Infatti è lui che ci ha benedetti e amati, come spesso ripete San Paolo.
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Sono le prime parole che il sacerdote pronuncia iniziando la santa Eucaristia, parole accompagnate dal segno di croce con cui tutti si segnano. Le parole sono quelle del nostro Battesimo, lo rievocano, lo attualizzano. E il segno di croce, che ognuno traccia sul proprio corpo, ricorda il prezzo pagato perché noi potessimo godere di essere inseriti dentro l'amore del Dio Uno e Trino: questo prezzo è la croce di Gesù. Di quella croce non ci vergogniamo, anzi, ci gloriamo di portarla anche noi. Per questo iniziamo con il segno della croce non solo la Messa, ma ogni attività. All'inizio della giornata, di un pasto, di un lavoro, di un viaggio, di una preghiera, facciamo il santo segno della Croce accompagnato dalle parole del Battesimo! Manifestiamo così a noi stessi e agli altri chi siamo, a chi apparteniamo, quale fede ci muove e ci sostiene nel nostro impegno di carità e di servizio. Se ti vergogni a fare il segno della croce, non farlo: lo faresti male e non daresti gioia a nessuno, nemmeno a Dio! Prima butta via la vergogna, poi segnati!
"Il Signore sia con voi"! Ben quattro volte il sacerdote rivolge questa parola all'assemblea durante la S. Messa! Non è un semplice saluto. E' la stessa assicurazione che l'angelo Gabriele ha offerto a Maria: ella ricordò certamente come anche a Mosè, a Davide, a Gedeone, e ai grandi servi di Dio era rivolta tale parola quando venivano incaricati di qualche speciale missione per tutto il popolo. Ora questa frase si rivolge a te e a tutti i presenti: la celebrazione è un momento importante per la tua vita, e la tua presenza è importante per tutti gli altri. Riceverai il compito di portare Gesù in tutto il mondo da te frequentato, di essere luce e sale della terra, di rivestire e impregnare di sapienza divina gli ambienti e gli incontri dove sarai presente, di essere unito a quanti oggi ascoltano. Il Signore sia con voi: ti sarà ripetuto prima dell'ascolto del Vangelo, prima della preghiera eucaristica e prima della benedizione finale. Ti viene rivolta molte volte perché nuovo è il tuo compito nel mondo, ed è un compito di cui nessuno è capace se non è rinnovato e riempito di Spirito Santo!
Io te lo rivolgo con gioia, sapendo che vivrai con impegno questo momento. E tu rispondi rivolgendomi la stessa benedizione! "E con il tuo spirito"! Anch'io e certamente più degli altri devo ricordare che solo con il Signore posso presiedere la santa assemblea!
Al posto del saluto "Il Signore sia con voi", il sacerdote può usare altre parole. Più frequentemente viene ripetuto il saluto con cui San Paolo conclude la seconda lettera ai Corinzi: "La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi". Queste parole sono un richiamo più forte alla conoscenza di Dio che ci è stata donata e una memoria dei doni di cui egli ci fa godere costantemente nella Chiesa: grazia, amore, comunione: doni che si riversano su di noi durante la celebrazione dei santi Misteri. Aiutati da questa benedizione subito ci disponiamo a chiedere perdono.
Don Virgilio Covi

21 GIUGNO 2016
LA DOMANDA DI PERDONO
Il sacerdote, con parole sue, invita a fare un breve esame di coscienza e a chiedere perdono al Signore e ai fratelli. Il perdono non lo chiediamo solo per grandi peccati, ma anche per le quotidiane infedeltà alla nostra missione, per le disobbedienze alle ispirazioni che lo Spirito Santo ci fa sentire nell'intimo, per le impazienze con i fratelli, per le ingratitudini, per le superficialità e le perdite di tempo davanti al televisore o in occupazioni e chiacchiere inutili, per le parole senza sugo con cui facciamo perder tempo ed energia agli altri. Abbiamo necessità di perdono e necessità di chiederlo esplicitamente e comunitariamente. Lo facciamo con umiltà, disposti anche a perdonare a chi celebra con noi qui o altrove il Mistero eucaristico.
I peccati più gravi ci riserviamo di metterli alla luce nella celebrazione del sacramento apposito, quello della confessione; per quelli quotidiani invece, e che noi riteniamo piccoli (quando sono molti però possono diventare un grande mucchio, e quindi pericoloso ostacolo alla fede e alla carità!), ecco che ora il sacerdote dice a tutti la parola del perdono di Dio: "...perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna". Per il Signore darci il perdono è troppo poco, egli vuole portarci avanti, farci fare dei passi sul cammino di una vita più perfetta, più piena, più ricca di amore e di pace, verso la vita eterna!
In ogni nostra celebrazione avviene quello che l'evangelista Matteo dice quando inizia a raccontare l'apparire in pubblico di Gesù: "Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce". Dalla tenebra, in cui ogni nostro peccato ci chiude, alziamo lo sguardo, perché la parola del perdono ci apre orizzonti nuovi!
La domanda di perdono può svolgersi in diversi modi. Si può recitare insieme il "Confesso" oppure delle invocazioni appropriate, intercalate dal canto "Signore, pietà", o "Kyrie, eleison"! Questa invocazione, frequente in molti Salmi, la troviamo anche nel vangelo in bocca a persone bisognose d'aiuto, e che si rivolgono a Gesù con speranza e fiducia. Siamo pure noi malati, insidiati, oppressi, tentati, e abbiamo bisogno della vicinanza di Gesù, del suo aiuto, della sua misericordia e del suo perdono.
Non vogliamo essere solo perdonati da lui, ma da lui vogliamo anche ricevere spirito di fortezza e di perseveranza per rimanergli fedeli e contribuire così all'edificazione della Chiesa. Con i nostri peccati infatti abbiamo reso debole la testimonianza della Chiesa stessa, privando quindi molte persone di quella luce che avrebbe potuto orientarle nelle loro tenebre.
Per questo riconosciamo i nostri peccati davanti ai fratelli e chiediamo anche a loro il soccorso della preghiera! Chiesto perdono, domandiamo l'intervento potente e rappacificante del Signore sia per noi che per tutta la Chiesa e per il mondo che ci circonda!
Don Virgilio Covi

22 GIUGNO 2016
IL CANTO DEL GLORIA
Il sacerdote intona il canto del Gloria. Nelle nostre celebrazioni il canto ha un posto importante. Che cos'è il canto? Perché cantiamo? Chi deve cantare? Il nostro canto è novità: le religioni non riuniscono col canto i loro adepti. Continuando la tradizione ebraica, noi cantiamo perché siamo abbandonati all'amore fedele di quel Dio che ci fa popolo salvato!
Il canto è un modo di esprimere sentimenti e valori che rallegra e aiuta a consolidare l'unità e la fraternità. Il canto è preghiera, ma è anche gioia, è volontà di essere uniti, è coscienza di formare famiglia, è superamento dei limiti del proprio io affidandosi con amore alle capacità di tutta la comunità. Un gruppetto, il coro, si è preparato per guidare e sostenere il canto di tutta l'assemblea che celebra. In qualche momento questo gruppo può anche cantare da solo, ma deve principalmente aiutare tutti ad esprimere la propria gioia e la propria unità. Il coro compie egregiamente il proprio servizio quando la sua voce scompare dentro le voci di tutti i convenuti!
Il nostro canto è pieno, completo e vera lode a Dio, quando sgorga da un cuore che lo ama e quando anche tutta la vita fa far bella figura al Signore! Il canto è bello e rasserenante quando chi canta è ubbidiente al Padre e segue Gesù senza tentennamenti! In fondo è di questo che Gesù stesso si compiace quando dice: Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo.
Il canto del Gloria inizia con le parole degli angeli ai pastori a Betlemme: ci fa già partecipi di quello che riempie il cielo! "Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà" (s'intende la volontà buona di Dio, che è di amare tutti e perciò si traduce anche: "agli uomini che egli ama")! Il canto fa poi memoria dell'incarnazione del Figlio di Dio, che manifesta l'amore del Padre tra gli uomini (è Gloria) e partecipa ad essi le ricchezze della sua vita (è Pace)! Il resto del canto è conseguenza: con varie espressioni adoriamo il Padre e invochiamo la misericordia del Figlio, chiamandolo "Agnello di Dio", titolo datogli da Giovanni Battista.
L'inno termina con il riconoscimento dell'unico Signore, Gesù Cristo, adorato con lo Spirito Santo a gloria del Padre! è un bell'inno, molto antico, arricchito ogni volta di melodie diverse, sempre festose, anche se, con realismo, ci fa ricordare la nostra situazione di peccato: è per esso che Gesù è venuto nel mondo, a causa di esso e per liberare noi dal suo peso ha sofferto, e ora ci ascolta, e per noi intercede alla destra del Padre!
Nei tempi penitenziali, Avvento e Quaresima, come piccolo digiuno, rinunciamo alla gioia di questo bell'inno alla misericordia di Dio.
Don Virgilio Covi

23 GIUGNO 2016
PREGHIAMO
Il sacerdote ora invita l'assemblea alla preghiera e poi lascia tutti in silenzio perché presentino al Padre le loro preoccupazioni o qualche grande desiderio. Egli raccoglie poi le intenzioni formulate da tutti nel silenzio, pronunciando a voce alta una preghiera che legge dal messale. Spesso i sacerdoti tengono conto dell'incapacità di molti fedeli a stare un minuto in silenzio, e perciò lo riducono a due secondi! Se puoi, dì al tuo parroco che saresti contento di avere il tempo di formulare la tua preghiera, affinché anche lui sia aiutato e incoraggiato nel suo compito!
Questa preghiera viene chiamata "colletta", termine latino che significa "raccolta": essa raccoglie infatti quelle di tutti i fedeli presenti ed è diversa ogni giorno e ogni domenica, perché tiene conto delle letture, o del mistero celebrato nella festa, o delle note distintive della vita del santo ricordato. Essa termina sempre con la formula "per il nostro Signore Gesù Cristo...": sappiamo che la nostra preghiera ha valore agli occhi di Dio Padre perché è presentata a lui dal capo della Chiesa, Gesù!
Noi abbiamo solo i suoi meriti da offrire a Dio! Grazie a Gesù il Padre ci prende sul serio e ci ascolta. Questa espressione finale di ogni preghiera vuole esprimere da una parte la nostra umiltà e dall'altra la nostra fede: umiltà, perché siamo sempre debitori a Dio, fede, perché ci appoggiamo decisamente sulla croce di Gesù!
Don Virgilio Covi

24 GIUGNO 2016
S.GIOVANNI BATTISTA E L'EUCARISTIA
Dobbiamo onorare San Giovanni Battista come il modello degli adoratori. Le sue parole ora enunziate sono il motto della devozione e del servizio eucaristico, e noi dobbiamo dire: il Santissimo Sacramento cresca nella cognizione e nell'amore degli uomini, intanto che noi ci annichiliamo ai suoi piedi.
L'adorazione si fa prostrati a terra, china la fronte: è un primo movimento, con cui riconosciamo sotto i veli eucaristici la maestà infinita di Dio che vi si nasconde. A questo primo ossequio sussegue l'esaltazione della sua grandezza e del suo amore.
Ora la prima grazia di San Giovanni è una grazia di adorazione.
Il Verbo è nel seno di Maria e le ispira di far visita ad Elisabetta: Maria porta a Giovanni il suo Signore e Re. Giovanni non può venire: sua madre è troppo avanti negli anni e non può fare tale viaggio: ci va Gesù. Lo stesso fa Gesù per noi: non potevamo andare a Dio; Dio è venuto a noi.
Maria, salutando Elisabetta, mette in azione la potenza del suo divin Figlio: anche al presente Gesù non vuol far nulla senza Maria. La voce di lei fu quella del Verbo incarnato; Giovanni, esultando nel seno materno, rivela alla madre il mistero della presenza di Dio in Maria: lo confessa Elisabetta a Maria con quelle parole: Exultavit infans in utero meo. Così, fin d'allora, Giovanni è precursore: vede il suo Dio, lo adora con segni d'esultanza, e la sua gioia si effonde nella madre.
Come Nostro Signore fu buono per Giovanni, che volle benedire prima che nascesse: e come gli fu gradita l'adorazione così spontanea del suo Precursore! Gesù resta tre mesi con Giovanni, che adora costantemente il suo Dio. Unitevi a questa buona adorazione di S. Giovanni, sì viva, non ostante le barriere che lo separano da Nostro Signore.
S. GIULIANO EYMARD